I PRINCIPI DI GALLES PRESENTANO

 “LA PIZZICA DEL MORTO”

Da Bruce Springsteen, passando poi per Flogging Molly, e arrivare poi ad uno dei pilastri del cantautorato italiano, come lo è Fabrizio De Andrè, senza dimenticare le forme più ibride più moderne del folk d’autore (Mannarino, Capossela…), i PRINCIPI DI GALLES, band tutta italiana che nasce come orchestrina folk “dove  raccontare storie diventa l’unica cosa che conta, e vedere i sorrisi di chi ti ascolta è ancora più importante….”

E la musica d’autore nazionale è proprio ciò che contraddistingue la fisionomia di una band che, reinterpretando i più gradi successi del folk italiano e non solo, ne trasmette tutta la passione, con un tocco di originalità che rende le loro esibizioni dei momenti unici, in cui il tempo sembra non aver confini.

Tra gli elementi che compongono i Principi di Galles troviamo professionisti come il Maestro Roberto Cecchetti alla Fisarmonica e la Violinista Caterina Laura e Goffredo degli Esposti ai flauti e alla cornamusa.  La sezione ritmica è invece composta composta da “mighty” Emilio Lillini alla Batteria e Cajon e dall’imperturbabile Simone Pierelli al contrabbasso e basso mentre,  alla voce e chitarra,ecco il  frontman Luca Santi, autore non solo di gran parte delle musiche della band, ma anche dei testi.

La pizzica del morto è un pezzo che fin dal titolo fa presagire le contraddizioni a cui l’attuale periodo storico ci mette di fronte. Il contrasto tra la parola pizzica –  un ballo tradizionale di per sé allegro – e la parola morto riflettono un disagio sociale, di un uomo costretto a vivere “in un mondo che gira su stesso”, e poi c’è la musica: un suono ritmato, mai nostalgico, ad evidenziare il sentimento grottesco racchiuso dentro il nostro modo di vivere.

“Sono spinto fino in fondo ma c’è una mano  che mi tocca il volto…”

Nonostante tutto, però  permane la speranza; “Sono pronto a ballare”, canta il protagonista del brano, seppur trattasi di una Pizzica del morto, non è si persa la voglia di sorridere, anche se non viene estinto quello  sguardo sospeso.

I violini la fanno da padrone nello sfondo paesaggistico del folk d’autore in sogno,

ma più che un altro un incubo, dove il corpo diventa simbolo di sensazioni fisiche interiorizzate,  a rivelare il disagio dei nostri giorni….

Sonia Bellin

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